Da alcuni anni si sente spesso parlare di alimentazione vegana, versione radicale della più nota dieta vegetariana, dal momento che prevede la rinuncia di ogni derivato animale: carne, pesce, uova, latticini, persino miele.
Una dieta con tali limitazioni espone inevitabilmente a importanti rischi per la salute, primo tra tutti quello di non riuscire a soddisfare il fabbisogno di nutrienti vitali. Vale allora la pena di fornire alcune indicazioni fondamentali per seguire la dieta vegana senza farsi del male.
Dieta vegana: possibile, non consigliabile
E’ necessario sgombrare subito il campo dagli equivoci: la scelta vegana può avere spinte di carattere etico, ma non dovrebbe essere compiuta per motivazioni salutistiche. Contrariamente a ciò che troppo di frequente si sente affermare dai suoi supporter, il veganismo è un assunto morale, non un modello di salute.
Nessuno ha bisogno di diventare vegano per star bene: pesce, carne, latticini e uova non sono alimenti intrinsecamente nocivi. Anzi, sono cibi estremamente sani quando consumati nelle giuste quantità e modalità, e che contribuiscono a rendere la dieta completa e corretta.
Il corpo umano è fatto per vivere e funzionare al meglio consumando alimenti sia vegetali (che devono indubbiamente rappresentare la parte principale della nostra dieta) sia animali: l’uomo è una specie onnivora e la dieta vegana non rappresenta il modo né più sano né più fisiologico di nutrirci.
Detto questo, con le necessarie precauzioni e grazie alle innumerevoli possibilità offerte dalla modernità (in primo luogo, la grande disponibilità di cibo e l’offerta di integratori alimentari di ogni genere), possiamo adottare praticamente qualsiasi modello alimentare, e senz’altro anche quello vegano.
Le principali criticità della dieta vegana
La letteratura scientifica sovrabbonda di evidenze che documentano come i vegani siano un gruppo con maggiori probabilità di incorrere in carenze di nutrienti fondamentali, dovute all’eliminazione dalla dieta degli alimenti animali.
Cito solo l’ultimissimo studio in ordine di tempo sull’argomento, pubblicato proprio pochi giorni fa, che ha confermato come i vegani siano più soggetti alle fratture ossee (Tong TYN et al, Vegetarian and vegan diets and risks of total and site-specific fractures: results from the prospective EPIC - Oxford study, BMC Med 18, 353, 2020). La colpa? Introiti insufficienti di calcio, certamente, per la mancanza di latte e derivati. Ma anche di proteine nobili, vitamina D e altri micronutrienti assenti o non adeguatamente rappresentati nella dieta vegana ed essenziali per la salute dello scheletro.
Tante altre ricerche hanno attestato - e in modo reiterato - come i vegani siano più a rischio di non soddisfare il fabbisogno di ulteriori nutrienti vitali e di soffrire delle relative malattie da carenza. Tra le sostanze il cui approvvigionamento risulta più critico per chi rinuncia a ogni cibo animale, oltre ai citati calcio, vitamina D e proteine di elevata qualità, ci sono ferro, zinco, omega 3 a catena lunga, iodio e soprattutto vitamina B12, della quale non esiste un solo alimento di origine vegetale che rappresenti una fonte affidabile. Tutti nutrienti indispensabili alla salute di corpo e mente.
Purtroppo gli effetti di alcune di queste carenze si possono riscontrare solo a distanza di anni, quando ormai i danni sono irreversibili.
Come evitare di rovinarsi la salute con la dieta vegana
Il consiglio migliore che un nutrizionista può dare a chi decide di diventare vegano è di farlo con cognizione di causa.
Pianificare bene la dieta vegana, infatti, non è banale. Al contrario, comporre menu 100% vegetali bilanciati e nutrizionalmente adeguati richiede grande scrupolosità. Chi non ha voglia, tempo o possibilità di dedicare attenzione alla cura dei pasti dovrebbe riflettere bene sull’opportunità di diventare vegano: mangiare ciò che capita, sincerandosi unicamente che non contenga ingredienti di derivazione animale, aumenta la probabilità di soffrire di deficit nutrizionali in modo drammatico.
Per essere corretta, la dieta vegana deve contemplare quotidianamente tutte le categorie di alimenti vegetali: cereali e pseudocereali (rigorosamente integrali e diversi anche dall’onnipresente frumento: riso, segale, avena, orzo, grano saraceno e tutti gli altri), legumi di tutti i tipi (innanzitutto la soia, specie sotto forma di tofu, tempeh ed edamame, ma anche fagioli delle diverse varietà, ceci, lenticchie, fave e simili), tanta verdura e frutta di ogni genere, frutta in guscio e semi oleaginosi (noci, mandorle, pinoli, semi di girasole, di lino, di zucca ecc.), alghe e altro ancora.
La dieta 100% vegetale, inoltre, non deve essere eccessivamente ricca di alimenti poco salutari in sé o tali quando in eccesso. Per l’intrinseca mancanza nell’alimentazione vegana di fonti proteiche nobili, l’errore frequente è che la dieta vegan sia esageratamente sbilanciata verso la componente glucidica o ecceda di grassi che, in quantità, possono risultare proinfiammatori, come gli omega 6 (molto rappresentati nei cereali, nei semi e ancora di più nei loro oli - di girasole, mais, soia ecc. -, nonché nei prodotti industriali, che di tali oli sono in genere ricchi).
Oppure, ancora, che sia ingente il carico di composti antinutrizionali (fitati, ossalati ecc.), naturalmente presenti in tanti vegetali. Per non menzionare, infine, il tanto cibo spazzatura vegano, come ad esempio le imitazioni di alimenti carnei, quali “hamburger” e “spezzatini” di soia, di norma pieni di additivi, sale, zucchero e grassi di scarsa qualità. Vegetale non significa automaticamente sano: la cola e le patatine fritte sono perfettamente vegan, ma certo non rappresentano la quintessenza della salubrità.
Per chi è vegano l’utilizzo abituale di integratori alimentari è da considerarsi tassativo, perlomeno quello di determinati micronutrienti, come vitamina B12, vitamina D e omega 3 (EPA e DHA). L’appropriatezza di altre supplementazioni andrebbe valutata caso per caso, anche sulla base di analisi cliniche. Al di là dell’integrazione di specifiche sostanze, l’assunzione di un multivitaminico-multiminerale (di qualità) potrebbe essere opportuna per chi è vegano.
In ultimo, ma non per importanza, deve essere caldeggiato il ricorso al nutrizionista, che consenta di avvicinarsi al regime vegano arginando i pericoli che una dieta completamente priva di cibi di provenienza animale può comportare. Almeno all’inizio, per i neofiti. Poi, una volta diventati esperti, si potrà eventualmente fare da sé.