Sembra quasi un’epidemia. Il numero di persone, soprattutto donne, che ricevono una diagnosi di tiroidite di Hashimoto e vengono curate farmacologicamente per governare l’ipotiroidismo che ne consegue ha dell’impressionante: secondo EpiCentro, il portale di epidemiologia dell'Istituto Superiore di Sanità, la tiroidite di Hashimoto colpisce dal 5 al 15 per cento della popolazione femminile e dall'1 al 5 per cento di quella maschile.
Ma di cosa si tratta precisamente? E non è possibile intervenire sulla tiroide con altre modalità, a parte la terapia farmacologica da assumere a vita?
Cosa sono la tiroidite di Hashimoto e l’ipotiroidismo
La tiroidite di Hashimoto è la più diffusa forma di tiroidite, nonché la causa più frequente di ipotiroidismo. E’ annoverata tra le malattie autoimmuni, quelle patologie in cui il sistema immunitario scatena un anomalo attacco verso cellule dello stesso organismo – quelle della tiroide, in questo caso. Vengono prodotti specifici anticorpi (anticorpi anti-perossidasi e anti-tireoglobulina), che dirigono la loro azione verso la tiroide, provocando infiammazione. Nel tempo, la reazione immunitaria danneggia irreversibilmente la tiroide, facendole perdere la propria funzionalità.
Il problema è che se la tiroide non lavora più come dovrebbe la situazione diventa critica. Benché sia una ghiandola di piccole dimensioni e poche decine di grammi di peso, la tiroide, con gli ormoni che produce (T4, tiroxina, e T3, triiodiotironina, la forma attiva dell’ormone), influenza pressoché tutti i processi che avvengono nel corpo: regola il metabolismo energetico, il battito cardiaco, la frequenza respiratoria, la temperatura corporea, l’attività del sistema nervoso, la motilità intestinale, la funzione sessuale, la salute dello scheletro, il sonno, la crescita e lo sviluppo del feto e del bambino e altro ancora.
Negli stadi iniziali della tiroidite autoimmune di Hashimoto, la tiroide funziona regolarmente (eutiroidismo) o, in altri casi, rallenta la sua produzione ormonale (e si parla quindi di ipotiroidismo) oppure, ancora, meno frequentemente, la incrementa (ed è quello che viene definito ipertiroidismo). Ad ogni modo, l’evoluzione naturale della tiroidite di Hashimoto è in genere verso un quadro finale di ipotiroidismo.
Viste le funzioni della tiroide, si comprende perché, in caso di ipotiroidismo, risulti indispensabile supplire alla diminuita produzione endogena di ormoni tiroidei mediante somministrazione del loro equivalente farmacologico, la levotiroxina sodica, principio attivo di farmaci per la tiroide quali Eutirox, Tirosint, Tiche, Syntroxine, che rappresentano la cosiddetta terapia sostitutiva.
Prima di arrivare al franco ipotiroidismo e a una tiroide ormai cronicamente inattiva, tuttavia, ci sono alcune cose che chi soffre di tiroidite di Hashimoto dovrebbe tenere in considerazione.
Perché viene la tirodite?
Nessuno lo sa: le cause della tiroidite di Hashimoto non si conoscono. Certo, c’è una predisposizione genetica, ma le ragioni per cui a un certo punto della vita il corpo decide di aggredire se stesso non sono chiare. Coloro che si occupano di salute e nutrizione con una logica un po’ più ampia del consuetudinario tendono però a non trascurare il fatto che le malattie non arrivano dal cielo. Sono invece il prodotto di una serie di fattori, eventi, comportamenti.
Senza voler banalizzare problemi complessi, è esperienza comune dei professionisti sanitari che adottano una chiave di lettura olistica del corpo e della malattia riconoscere all’alimentazione un ruolo significativo in tante patologie, tra cui quelle autoimmuni, come la tiroidite di Hashimoto.
D’altronde, oggi sappiamo per certo che diete male impostate, per quantità e qualità degli alimenti da cui sono composte, sono in grado di fungere da segnale di rallentamento metabolico, di causare disbiosi intestinale, di modificare la permeabilità dell’intestino originando il cosiddetto “intestino poroso” e danneggiandone la naturale funzione di barriera, di alterare la risposta immunitaria, di provocare e sostenere l’infiammazione sistemica. Insomma, la dieta determina una vasta serie di effetti che possono riverberarsi sull’attività della tiroide.
E’ su tali presupposti che dovrebbe fondarsi il trattamento nutrizionale per la tiroidite autoimmune e l’ipotiroidismo.
L’ipotiroidismo risponde alla dieta
La dieta che può far bene a chi soffre di ipotiroidismo autoimmune è senza dubbio articolata e complessa e va calibrata sul paziente in chiave quasi “sartoriale”. E’ tuttavia possibile enucleare le seguenti caratteristiche di base.
E’ normocalorica e normoproteica. Le diete ipocaloriche, come lo sono quelle classiche per dimagrire, rischiano di rallentare la funzionalità tiroidea, soprattutto se drastiche e protratte nel tempo. Anche la sovralimentazione e l’obesità, tuttavia, possono indurre un calo di ormoni tiroidei. In entrambi i casi, una parte importante sembra svolta dalla leptina, ormone prodotto dal tessuto adiposo e implicato nella regolazione della spesa calorica e del metabolismo (1, 2).
E’ antinfiammatoria e immunomodulante e rivolge l’attenzione a quelle sostanze e alimenti, tra cui il glutine, i latticini e verosimilmente altre ancora, la cui riduzione è in grado di offrire benefici ai pazienti con tiroidite di Hashimoto, per quanto riguarda la progressione e le potenziali complicanze della malattia (3, 4, 5, 6).
Con stretta attinenza al punto precedente, è pensata per contrastare la disbiosi intestinale e migliorare la salute del microbiota, dal momento che l’equilibrio del nostro popolamento batterico simbiotico influisce anche sullo stato infiammatorio e sulla risposta immune. La letteratura scientifica recente ha descritto l’influenza del microbiota sull’autoimmunità tiroidea (7).
E’ integrata da specifici supplementi micronutrizionali, quali, in primo luogo, selenio, oligoelemento antiossidante e antinfiammatorio, che aumenta la produzione di ormoni tiroidei e riduce i livelli di anticorpi anti-tiroide, nonché vitamina D, la cui carenza è correlata ad autoimmunità tiroidea e che, correttamente integrata, può contribuire al trattamento dei pazienti con tiroidite di Hashimoto (8, 9).
Gli studi clinici e osservazionali su tiroidite di Hashimoto e alimentazione evidenziano la possibilità di ulteriori carenze nutrizionali implicate nella malattia, tra cui i deficit di iodio, potassio, rame, magnesio, zinco, ferro, vitamine A, C e del gruppo B. Segnalano inoltre l’importanza dell’adeguato livello di assunzione di proteine, fibre alimentari e acidi grassi insaturi, in particolare della serie omega 3 (10). Lo iodio in eccesso, invece, potrebbe avere un ruolo nella genesi della tiroidite di Hashimoto (11).
Non esistono cure magiche, ma una studiata rivisitazione della dieta, orientata a sostenere la salute della tiroide e a salvaguardarne il funzionamento, può rappresentare uno strumento potente contro la tiroidite cronica autoimmune, adatto a tanti pazienti che soffrono di questa tireopatia e – nelle mani di professionisti esperti – privo di effetti indesiderati e controindicazioni.
Riferimenti bibliografici
(1) Fontana L et al, Effect of long-term calorie restriction with adequate protein and micronutrients on thyroid hormones, J Clin Endocrinol Metab, Vol 91, Issue 8, 1 August 2006, 3232–35.
(2) Zimmermann-Belsing T et al, Circulating leptin and thyroid dysfunction, Eur J Endocrinol, 2003 Oct;149(4):257-71.
(3) Lundin KE & Wijmenga C, Coeliac disease and autoimmune disease-genetic overlap and screening, Nat Rev Gastroenterol Hepatol, 2015 Sep;12(9):507-15.
(4) Krysiak R, Szkróbka W & Okopień B, The effect of gluten-free diet on thyroid autoimmunity in drug-naïve women with Hashimoto's thyroiditis: a pilot study, Exp Clin Endocrinol Diabetes, 2019 Jul;127(7):417-422.
(5) Asik M et al, Decrease in TSH levels after lactose restriction in Hashimoto's thyroiditis patients with lactose intolerance, Endocrine, 2014 Jun;46(2):279-84.
(6) Abbott RD, Sadowski A & Alt AG, Efficacy of the Autoimmune Protocol Diet as part of a multi-disciplinary, supported lifestyle intervention for Hashimoto's thyroiditis, Cureus, 2019;11(4):e4556.
(7) Virili C et al, Gut microbiota and Hashimoto's thyroiditis, Rev Endocr Metab Disord, 2018 Dec;19(4):293-300.
(8) Wichman J et al, Selenium supplementation significantly reduces thyroid autoantibody levels in patients with chronic autoimmune thyroiditis: a systematic review and meta-analysis, Thyroid, 2016 Dec;26(12):1681-1692.
(9) Mazokopakis EE, Is vitamin D related to pathogenesis and treatment of Hashimoto's thyroiditis?, Hell J Nucl Med, 2015 Sep-Dec;18(3):222-7.
(10) Ihnatowicz P et al, The importance of nutritional factors and dietary management of Hashimoto's thyroiditis, Ann Agric Environ Med, 2020 Jun 19;27(2):184-193.
(11) Liontiris MI, Mazokopakis EE. A concise review of Hashimoto thyroiditis (HT) and the importance of iodine, selenium, vitamin D and gluten on the autoimmunity and dietary management of HT patients. Points that need more investigation, Hell J Nucl Med, 2017 Jan-Apr;20(1):51-56.