Il suo nome scientifico è Listeria Monocytogenes, ma per molti è ormai nota anche come listeriosi, l’infezione alimentare da batterio che da qualche mese è tristemente salita agli onori della cronaca in Italia e che ha provocato diversi morti.
Eppure, non è la prima volta che se ne sente parlare. Già nel 2019 si è assistito a numerosi casi di infezione di listeria in Spagna a causa di carne contaminata, che hanno fatto temere un’emergenza mondiale, poi rientrata.
Ma cos’è e come si contrae questa infezione? Partiamo dal presupposto che, trattandosi di una contaminazione alimentare, è l’ingestione di alcuni alimenti a provocarne la comparsa. Nello specifico, il batterio può annidarsi tra gli alimenti crudi, prevalentemente lavorati come carni e salumi, ed è in grado di resistere sia alle basse temperature che ai vari metodi di conservazione industriale.
Contrariamente a quanto si pensa, la listeriosi non è un’infezione mortale nella maggior parte dei casi. Vi sono contesti, però, in cui contrarre il batterio può rivelarsi estremamente pericoloso: è il caso di bambini piccoli, donne in gravidanza e soggetti fragili (anziani o persone con sistema immunitario compromesso).
Pericoloso o meno, contrarre un’infezione alimentare non è mai piacevole, pertanto il consiglio è sempre quello di evitare di esporsi al rischio. A tale scopo, scopriamo cos’è e come si contrae la listeria, quali sono i sintomi e tutti gli alimenti potenzialmente a rischio.
Cos’è la Listeria e come si può contrarre
La Listeria Monocytogenes è un batterio presente in numerose specie animali come mammiferi, uccelli e pesci ed è responsabile dell’infezione chiamata listeria o listeriosi. Questi microrganismi si trovano naturalmente nel suolo, nei foraggi, nelle acque di superficie e nelle feci degli animali.
Sebbene sia una malattia che si contrae generalmente dall’assunzione di cibo contaminato, tant’è che è classificata fra le malattie trasmesse attraverso gli alimenti, esistono anche altre vie di trasmissione, come quella tra madre e figlio. Inoltre il contagio può avvenire anche dal contatto diretto con animali infetti, in quanto bovini, ovini e caprini possono essere portatori del batterio.
L’ampia diffusione di questa malattia è dovuta al fatto che il batterio Listeria Monocytogenes è unico rispetto a molti altri vettori di malattie di origine alimentare: sopravvive e si moltiplica a basse temperature, anche in frigoriferi e addirittura nei congelatori.
Ma non solo. Un’altra caratteristica di questo batterio è che non muta l’odore, il sapore e la consistenza degli alimenti che contamina, rendendo di fatto impossibile notare la sua presenza, se non attraverso delle analisi di laboratorio.
Come accennato, già nel 2019 c’è stato un focolaio di listeria in Spagna, che fece partire un allarme internazionale ed essendo questo batterio considerato un contaminante di filiera, è molto facile che i focolai si amplino e colpiscano più Paesi contemporaneamente, come dimostrano gli avvenimenti accaduti anche in Italia.
Quali sono gli alimenti a rischio listeria?
La lista degli alimenti più comuni che causano la listeriosi è molto lunga. Tra questi troviamo carne e latte crudi, wurstel, salmone affumicato, prodotti caseari non pastorizzati e formaggi freschi o non stagionati.
Non sono esenti dal batterio neppure i salumi confezionati, anche se cotti, tant’è che alcuni tra i più consumati dagli italiani, come il prosciutto cotto, sono a rischio listeria.
I microrganismi che causano la listeriosi non contaminano solo i cibi proteici di fonte animale, pertanto anche chi segue una dieta vegana o vegetariana potrebbe contrarre l’infezione. Di listeriosi, infatti, ci si può ammalare anche ingerendo frutta e verdura cruda, insalate imbustate e macedonia pronta, proprio come potrebbe succedere con la toxoplasmosi in gravidanza.
Questi sono gli alimenti che presentano il rischio più elevato di contaminazione, ma va detto che la listeria può colpire qualsiasi alimento venga lavorato e manipolato, soprattutto se preparato facendo poca attenzione all’igiene.
Considerata la sua resistenza alla sterilizzazione, l’unico modo per evitare di contrarre l’infezione quindi è quello di cuocere i cibi prima di consumarli. Il batterio infatti si distrugge quando raggiunge temperature superiori ai 65 gradi.
Listeria: sintomi e incubazione
La listeria non si manifesta immediatamente: dal momento in cui si viene infettati a quello in cui si presentano i primi sintomi possono trascorrere in media da una a due settimane. Ma ci sono numerosi casi in cui può essere più breve, come un paio di giorni, o più lunga e durare anche fino a tre mesi.
Dopo il periodo di incubazione, nella maggior parte dei casi si manifestano sintomi come la gastroenterite acuta febbrile, tipica delle infezioni alimentari e che nei soggetti sani è generalmente autolimitante e tende quindi a guarire spontaneamente.
Se, invece, si verifica una gastroenterite di tipo invasivo o sistemico, nei casi più gravi può portare all’insorgenza di meningiti, encefaliti e gravi setticemie.
Nonostante ciò, i sintomi della listeria che si manifestano più frequentemente sono simil influenzali e includono:
febbre;
brividi;
mal di testa;
mal di stomaco;
diarrea;
nausea e vomito;
dolori muscolari.
Nei casi più gravi, i malati hanno anche avvertito confusione, perdita di equilibrio e convulsioni.
Anche la listeria in gravidanza presenta questi sintomi, con aggiunta di spossatezza e debolezza. Mentre nei neonati, oltre a questi, ci possono essere alterazioni nella respirazione, con un respiro rapido, corto e affannoso e inappetenza.
Come si diagnostica la listeria?
Visto che i sintomi della listeria sono comuni a numerosi stati infiammatori e influenzali, per avere una diagnosi di listeria è necessario condurre degli esami medici come le analisi del sangue o, in casi specifici, analisi del liquido cerebrospinale.
Sebbene non sia possibile trasmettere la listeriosi a un'altra persona, le donne incinte possono trasmettere il batterio al feto attraverso la placenta. Per questo motivo, se si sospetta un caso di listeria in gravidanza, possono anche essere eseguiti degli esami che interessano la placenta e, una volta nato il neonato, si può analizzare il meconio.
Nelle donne in gravidanza, la listeriosi non trattata tempestivamente può provocare aborto, morte in utero del feto, parto prematuro e infezioni neonatali. Sebbene, la listeriosi possa verificarsi in ogni momento della gravidanza, è stata documentata più frequentemente durante il terzo trimestre.
La listeriosi è causa di malattia grave, soprattutto nelle persone con un sistema immunitario più debole, associata a un elevato tasso di ospedalizzazione e in Europa è la quinta zoonosi maggiormente contratta.