In commercio è possibile trovare numerosi tipi di latte con caratteristiche chimiche, nutrizionali ed organolettiche più o meno diverse, a seconda dell’origine, dei trattamenti termici applicati per prolungarne la conservazione, e di quelli usati per modificare la percentuale di grassi e di lattosio.

Che cos’è il latte?

Il latte è il liquido prodotto dalla ghiandola mammaria delle femmine di mammiferi.

Solo alcune specie di mammiferi però (bovidi, yak, caprini, ovini, bufali, cammelli, renne, cavalli ed asini) producono latte che viene utilizzato per l’industria alimentare.

La legislazione italiana definisce il latte alimentare come il prodotto che si ottiene dalla mungitura regolare, ininterrotta e completa di animali in buono stato di salute e nutrizione.

Sempre per legge inoltre, il termine generico “latte” si riferisce solamente al latte vaccino. Pertanto, nel caso di latte proveniente da specie diverse da quella bovina, bisognerà specificare la sua origine e si parlerà quindi di latte di capra, latte di bufala e via dicendo.

Composizione del latte

Il latte è un liquido bianco e opaco, con sapore dolciastro.

Oltre all’acqua (87 – 88% nel latte vaccino), il latte contiene sempre i quattro componenti principali (proteine, grassi, lattosio e minerali) in proporzioni variabili a seconda della specie da cui proviene.

Il latte di bufala, ad esempio, viene utilizzato quasi esclusivamente per la produzione di formaggi con rese elevate, grazie ad un maggior contenuto di grassi e proteine.

Anche all’interno della stessa specie esiste una notevole variabilità a causa di numerosi fattori che influenzano la composizione del latte, ad esempio la razza, lo stato di lattazione e di salute dell’animale, la sua alimentazione, il clima, il tipo di allevamento e di mungitura utilizzati. 

Trattamenti termici

Il latte che si trova in commercio ha, nella maggior parte dei casi, subito dei trattamenti termici (pastorizzazione e sterilizzazioni) con l’obiettivo di prolungare la sua conservazione e altri processi di lavorazione per modificare il contenuto di grassi e di lattosio.

Pastorizzazione

Il latte che troviamo nel frigorifero dei supermercati è latte pastorizzato. A questo latte è stato applicato un trattamento termico di pastorizzazione, ossia una quantità di calore tale da garantire la distruzione di tutti i microrganismi patogeni eventualmente presenti al momento della mungitura e di una parte rilevante della microflora saprofita.

La pastorizzazione ha un impatto limitato sulle caratteristiche chimico-fisiche, nutrizionali ed organolettiche del prodotto. Dal punto di vista nutrizionale si registra una minima riduzione di alcuni nutrienti, come ad esempio delle vitamine del gruppo B presenti nel latte crudo.

Dal punto di vista organolettico invece cambia leggermente il gusto rispetto al latte appena munto, infatti il riscaldamento causa delle modifiche nella componente aromatica.

Oltre al latte pastorizzato classico però, vi sono altri tipi di latte pastorizzato. Esistono diverse diciture che possiamo ritrovare sulle etichette delle confezioni di latte ubicate nel frigorifero del supermercato, secondo le normative in vigore.

Il latte fresco (pastorizzato) si ottiene da latte che perviene crudo allo stabilimento di confezionamento dove subirà un solo trattamento termico, entro e non oltre le 48 ore dalla mungitura.

Questo latte può essere inoltre definito di alta qualità (latte fresco pastorizzato di alta qualità) qualora si ottenga da latte crudo che, oltre a soddisfare il requisito precedente, presenti alcune caratteristiche di igiene e composizione (materia grassa, proteine, tenore in germi ed in cellule somatiche, contenuto in acido lattico).

Il latte crudo che soddisfa tali requisiti rappresenta una materia prima di miglior qualità, che potrà ricevere un trattamento termico di pastorizzazione leggermente più blando e di conseguenza soffrirà minori ripercussioni sulla composizione chimico-fisica del prodotto finale.

I tipi di latte pastorizzato menzionati fino ad ora hanno una durata di circa sei giorni dalla data del trattamento termico.

Il latte pastorizzato microfiltrato e quello pastorizzato a temperatura elevata e ESL invece, garantiscono un tempo di conservazione più lungo e presentano caratteristiche nutrizionali molto simili a quelle viste fino ad ora.

Nel primo caso la materia prima viene filtrata attraverso apposite membrane per ridurre il contenuto batterico. Grazie a questo, si può procedere ad una pastorizzazione a temperature leggermente inferiori che assicura una durabilità di 10-15 giorni. 

Nel secondo caso invece, il latte viene sottoposto a temperature più alte ma per un intervallo di tempo molto più breve. Grazie a questo trattamento termico e al confezionamento in recipienti asettici questo latte è conservabile in frigorifero per un periodo che oscilla tra i 21 e 30 giorni (ESL = Extended Shelf-Life, dall’inglese “estesa durata di conservazione”).

Sterilizzazione

La sterilizzazione è il trattamento termico che assicura la distruzione di tutti i microrganismi presenti, patogeni e non, comprese le spore.

Questo trattamento permette di conservare il prodotto finale per lungo tempo a temperatura ambiente.

Il latte sterilizzato però presenta una qualità nutrizionale inferiore rispetto a quello pastorizzato: il trattamento termico è più aggressivo, pertanto causa una maggiore perdita di vitamine idrosolubili poco resistenti al calore, come quelle del gruppo B.

Il latte sottoposto a sterilizzazione si può trovare in commercio come latte sterilizzato a lunga conservazione e latte UHT a lunga conservazione.

Il latte sterilizzato a lunga conservazione ha subito il trattamento finale di sterilizzazione in contenitore sigillato. Ha una durabilità di circa 180 giorni dalla data del trattamento termico, indicata sulla confezione con la dicitura “da consumarsi preferibilmente entro il…”.

Il latte UHT a lunga conservazione invece si conserva 3 – 6 mesi. Questo latte viene sterilizzato in flusso continuo e solo in seguito confezionato in condizioni asettiche in recipienti idonei, che minimizzino le variazioni chimico-fisiche ed organolettiche. 

Scrematura

La scrematura è un trattamento che permette di separare una parte del grasso dal resto del latte. In questo modo è possibile diminuire la componente lipidica del latte e di conseguenza il suo apporto calorico.

Il latte intero contiene almeno 3,5 g di grassi per ogni 100 g di latte.

Con la scrematura si ottiene il latte parzialmente scremato, il cui tenore in grassi viene portato tra 1,5 % e 1,8 %, e quello scremato che contiene meno dello 0,5 % di grassi.

Latte Delattosato o HD (Alta Digeribilità)

Il latte delattosato o HD o ad alta digeribilità si ottiene attraverso un processo di idrolisi enzimatica del lattosio a carico di enzimi. In questo modo si diminuisce la quantità iniziale del lattosio presente (da 4,5% a meno di 0,5%), senza intaccare le altre componenti del latte.

Questo processo permette a chi soffre di intolleranza al lattosio di consumare latte e derivati senza avvertire i disturbi tipici di questa condizione (tra cui meteorismo, flatulenza, dolore addominale, diarrea, gonfiore).

Come scegliere?

Data la vastità di opzioni disponibili sul mercato, è importante capire quali differenze vi siano per poter scegliere così quale latte acquistare e consumare in base alle proprie esigenze e preferenze.

I parametri da considerare sono principalmente tre: la percentuale di grassi, il trattamento termico applicato al prodotto e la presenza di lattosio.

Per quanto riguarda la percentuale di grassi, nel caso di individui con ipercolesterolemia e/o patologie vascolari è consigliabile il consumo di latte scremato o parzialmente scremato. Per le persone sane e normopeso si tratterà di una scelta basata prevalentemente sul gusto e sulle preferenze personali.

Va considerato anche che la scrematura modifica il tenore lipidico del latte e di conseguenza il suo apporto calorico. Ogni 100 g di latte intero forniscono circa 64 kcal, contro le 40 kcal di quello parzialmente scremato e le 34 kcal di quello scremato.

Il trattamento termico subito dal latte influenza la conservabilità e le caratteristiche nutrizionali e organolettiche del prodotto finale. Il latte pastorizzato (in tutte le sue declinazioni) presenta piccole differenze rispetto al latte crudo, in quanto i nutrienti di partenza vengono mantenuti pressoché intatti.


La sterilizzazione causa una maggiore perdita di vitamine idrosolubili ed idrolabili (cioè poco resistenti al calore) a causa del maggiore stress termico cui è sottoposta la materia prima, tuttavia tali riduzioni nutrizionali sono considerate accettabili in presenza di una dieta varia ed equilibrata.

Quindi nella maggior parte dei casi la scelta ricade su questioni di praticità e gusto personale.

Il latte sterilizzato viene apprezzato per la sua comodità grazie alla lunga durabilità a temperatura ambiente, ma presenta un caratteristico sapore di “latte cotto” che a molte persone non piace.

Infine, il latte delattosato è pensato specificamente per gli individui che presentano il quadro sintomatico tipico dell’intolleranza al lattosio. Questo latte mantiene tutte le caratteristiche organolettiche del latte, ma presenta un sapore leggermente più dolciastro.