Presentato da Coldiretti a Expo come uno degli alimenti più antichi al mondo, il grano è il protagonista indiscusso delle nostre tavole. Viene consumato ogni giorno in tutte le sue forme, dal chicco alle farine, e trasformato in pasta, pane, biscotti, pizze e chi più ne ha più ne metta.
Eppure, rispetto alla varietà promossa da Coldiretti – il grano monococco risalente a oltre 23 mila anni fa –, oggi i grani che arrivano nelle nostre case non sono più così genuini e nutrienti.
La produzione di massa e la richiesta sempre più alta del mercato ha fatto sì che molte varietà venissero trasformate dall’industria in favore di una maggiore velocità di approvvigionamento e di utilizzo.
Per fortuna, alcuni dei più nutrienti grani antichi non sono andati del tutto perduti. Al contrario, da qualche anno sono tornati alla ribalta grazie al lavoro dei produttori più “nostalgici”.
Questi, alla produzione industriale, hanno infatti preferito la genuinità e la sostenibilità delle buone materie prime, proprio come si facevano una volta.
Scopriamo allora quali sono i grani antichi, quali si trovano più facilmente anche in Italia in cosa differiscono dai grani antichi siciliani e tutti gli usi che se ne possono fare quando impiegati in cucina sotto forma di chicchi, farine e fiocchi.
Cosa sono i grani antichi?
Prima di vedere quali sono i grani antichi italiani e siciliani, è opportuno capire cosa sono e in cosa differiscono dagli altri cereali.
Per definizione, i grani antichi rappresentano un vero e proprio “ritorno al passato”, visto che esistono da migliaia di anni, cioè da quando l'uomo ha iniziato a coltivare e a far crescere i cereali per il proprio consumo.
A differenza dei cereali moderni, come il grano, il mais e il riso, che sono stati modificati nel tempo, i grani antichi sono rimasti in gran parte invariati. Non presentano quindi alcuna delle modifiche genetiche che hanno toccato invece gran parte delle colture.
Non solo, i grani antichi differiscono dalle opzioni moderne anche in termini di nutrizione.
Questi infatti tendono a offrire più fibre, proteine, vitamine e minerali rispetto ai cereali industriali. Sono anche più ricchi di antiossidanti che aiutano a combattere l’azione dei radicali liberi.
Sebbene oggi la regina delle preparazioni da forno sia spesso la farina 00 di grano tenero, negli ultimi tempi quindi si sta diffondendo l’utilizzo di questi cereali antichi quali alternative più sane, sostenibili e nutrienti.
Da utilizzare nella loro forma originaria, in chicchi, per arricchire minestre, zuppe e burger, oggi i grani antichi possono costituire l’ingrediente base per tutte le preparazioni da forno. Pertanto, non è più tanto raro trovare nei negozi alimentari pasta, pane, pizze e farine di grani antichi.
Quali sono i grani antichi?
Quando ci si chiede quali sono i grani antichi è molto facile cadere in confusione, dal momento che i cereali vengono coltivati e consumati da secoli.
Secondo la definizione, i grani antichi sono quelli appartenenti al genere Triticum che erano consumati nell’antichità e che oggi chiamiamo comunemente grani;
Tra questi, l’elenco comprende alcune varietà di grano, come il grano duro e il grano tenero (il più diffuso), e altri cereali come il farro monococco, il farro bicocco e il farro spelta.
C’è però anche chi include nell’elenco di grani antichi anche cereali e pseudo-cereali, come:
il miglio;
l'orzo;
il teff;
la quinoa;
il grano saraceno;
l'amaranto.
Una tra le varietà di grano antico che è diventata famosa di recente è il grano Khorasan. Questo è più noto con il termine commerciale Kamut® e reperirlo al di fuori di questa etichetta è ormai difficile.
Tra i tanti cereali che stanno tornando alla ribalta nel nostro Paese, vi sono poi alcune tipologie di grani antichi siciliani. Si tratta di circa 50 varietà di grani, tra cui troviamo:
la tumminia, che si coltivava sull’isola già al tempo della Magna Grecia;
il russello, grano tipico dell’entroterra siciliano che viene utilizzato per produrre i pani locali;
il bidì (o Margherito) giunto in Sicilia dalla vicina Tunisia;
il grano maiorca coltivato su terreni aridi e da cui si realizza una pregiata farina per dolci;
il perciasacchi, antica varietà di grano duro originaria dell’isola;
il Senatore Cappelli che tra questi è forse il più conosciuto ed è sinonimo di pasta di alta qualità.
I grani antichi siciliani sono cereali sono altamente nutrienti e rappresentano un'ottima fonte di carboidrati complessi che possono stabilizzare i livelli di zuccheri nel sangue e favorire il senso di sazietà.
Perché non dovremmo farne a meno?
Il fatto che i grani antichi non abbiano subito alterazioni genetiche da parte dell’uomo dovrebbe essere già un motivo sufficiente per preferirli ai più moderni cereali. Eppure ci sono altre numerose ragioni che ci spingono a integrarli nella nostra dieta.
Rispetto alla loro composizione, i grani antichi hanno un profilo nutrizionale migliore e contengono meno glutine, il che li rende più digeribili e degli alleati preziosi per contrastare la sensibilità al glutine che recentemente interessa sempre più persone.
Alcuni sono anche completamente privi di glutine e adatti quindi a chi soffre di celiachia, come ad esempio l’amaranto, la quinoa e il teff.
Sono meno raffinati perché vengono generalmente macinati a pietra e riescono quindi a conservare gran parte delle loro proprietà organolettiche.
Questo li rende anche più buoni, con odori e sapori vari e apprezzabili, molto più ricchi di quelli a cui siamo generalmente abituati.
Inoltre, non sono prodotti industriali poiché vengono coltivati da piccoli produttori agricoli e con sistemi manuali.
Questo significa anche che, introdurre questi cereali nella nostra dieta, favorisce il sostentamento di realtà più piccole del territorio, estranei alla grande distribuzione organizzata.
Tra i grandi benefici del consumo dei grani antichi rientra poi il fatto che questi tutelano la biodiversità. Acquistare in massa solo alcune varietà di cereali moderni, rende infatti la produzione di grani antichi meno vantaggiosa e ne causa gradualmente l’estinzione.
Preferire i grani antichi significa invece lasciare che la natura segua il suo corso e che il patrimonio culturale e gastronomico italiano venga preservato.