La sindrome dell'ovaio policistico (PCOS) rappresenta la patologia endocrina più diffusa nelle donne in età riproduttiva a livello globale.
Attualmente, le linee guida in materia dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (2023) hanno ampiamente stabilito che la diagnosi di PCOS debba basarsi sulla presenza di almeno due dei cosiddetti "criteri di Rotterdam" del 2003, ovvero l'anovulazione cronica, l'iperandrogenismo clinico o biologico e le ovaie policistiche.
La sindrome dell'ovaio policistico, nella maggior parte dei casi, comporta un quadro clinico metabolico compromesso, con la presenza della sindrome metabolica (SM) o insulino-resistenza (IR).
La correlazione tra insulino-resistenza e PCOS è stata inizialmente dimostrata nel 1980, evidenziando una connessione tra iperandrogenismo e iperinsulinismo nelle donne con PCOS.
L'insulino-resistenza si caratterizza per una risposta biologica alterata alla stimolazione insulinica nei tessuti bersaglio, quali fegato, muscolo e tessuto adiposo.
L'iperinsulinemia (HI) e la resistenza insulinica sono strettamente correlate alle manifestazioni cliniche della PCOS, contribuendo all'aumento della secrezione di androgeni nelle donne.
La riduzione dei livelli di insulina a digiuno con la terapia insulino-sensibilizzante sembra diminuire gli androgeni e migliorare la funzione ovarica.
L'IR o SM rappresenta un significativo fattore di rischio per lo sviluppo di altre patologie, come il diabete e la malattia coronarica, nelle pazienti con PCOS.
Inoltre, molte donne con sindrome dell'ovaio policistico si trovano in sovrappeso o obese e alcune possono trovare difficile perdere peso a causa dello stato ormonale alterato.
Il trattamento della sindrome richiede la collaborazione di un'équipe interdisciplinare, che dovrebbe includere il medico di famiglia, il ginecologo, l'endocrinologo, il dermatologo, il pediatra, il nutrizionista e, se necessario, lo psichiatra e lo psicologo.
Oltre alle terapie farmacologiche, la modifica dello stile di vita è il primo approccio al trattamento della PCOS.
La dieta per la sindrome dell'ovaio policistico non si limita a una semplice riduzione delle calorie, poiché recenti studi hanno dimostrato che diete ipocaloriche non producono gli effetti desiderati e che la dieta isocalorica non migliora in modo significativo i parametri biochimici e antropometrici, nemmeno in combinazione con l'attività fisica.
L'importanza sta nella scelta e nel bilanciamento degli alimenti.
La dieta chetogenica è una strategia funzionale per le donne con PCOS, sebbene la sua durata possa essere problematica poiché è difficile mantenere lo stato di chetosi per lungo tempo.
La dieta mediterranea è fortemente consigliata, caratterizzandosi per il consumo regolare di grassi insaturi, carboidrati a basso indice glicemico, fibre, vitamine e antiossidanti.
Questa dieta ha effetti antinfiammatori utili per la PCOS, considerando l'aumento delle molecole pro-infiammatorie a causa dello stato ormonale alterato e dell'eccesso di tessuto adiposo.
Un'altra dieta consigliata è il protocollo autoimmune (AID), mirato a ridurre l'infiammazione legata alle patologie autoimmuni. Esso prevede l'esclusione di alimenti definiti infiammatori, come gli acidi grassi a catena lunga, il glutine e i carboidrati raffinati ad alto carico glicemico.
Non esiste una dieta migliore dell'altra; è essenziale che lo stile di vita subisca una modifica verso abitudini più sane.
La scelta di alimenti come cereali integrali, olio extravergine di oliva, frutta secca, frutta, verdura, pesce fresco, uova e latticini magri come lo yogurt può essere d'aiuto.
Indipendentemente dalla strategia nutrizionale, l'approccio dietetico nella PCOS risulta essere raccomandato come parte integrante della "terapia", considerandola prioritaria rispetto alla terapia farmacologica (pillole contraccettive), dato l'ampio spettro di sintomi endocrini/metabolici legati all'eziologia della sindrome.